di Luigi Castoldi
A Castano Primo tante cose organizzate sono vissute, prosperate e poi scomparse, altre, pur in mezzo a molte difficoltà, sono riuscite a vivere, penetrando profondamente nel tessuto sociale della comunità per cui lea gente le ritiene cosa propria perché fanno parte della vita di tutti.
Oggi vogliamo spendere due paroline per una istituzione castanese che merita rispetto, aiuto e riconoscenza.
Si tratta del Corpo Musicale Santa Cecilia ovverossia la “Banda dell’Oratorio”.
Si chiama così perché è dell’Oratorio e per distinguerla da quella che era chiamata la Banda Cittadina ovvero del Circolone che però, pur avendo avuto vita di tutto rispetto, finì i suoi giorni innanzitempo, mentre quella dell’Oratorio è tuttora viva e vitale.
Non lo so esattamente quando la “Santa Cecilia” è nata, però c’è ancora in vita qualcuno, mi riferisco in modo particolare all’Ilario Cattini che, oltre ad essere stato uno dei fondatori, ha prestato servizio per un numero così lungo di anni che lui solo potrà ricordarli.
Dunque, la piccola fanfara si è via via sviluppata ed è diventata il “Corpo Musicale Santa Cecilia”.
Arrivati qui sarebbe bello seguirne tutta la vita, descriverne le vicissitudini, conoscere soprattutto gli uomini che con la loro dedizione e capacità – con il loro spirito di sacrificio – sono stati così bravi da mantenere in alto questa bandiera.
Come si fa a ricordare tutto e tutti?
Limitiamoci assieme ad una panoramica di episodi e i ricordi, almeno i miei personali, ci portano a quando era maestro l’Angiolino Nava e la banda era ancora in fase di sviluppo, rispetto a quella che poi è diventato un Corpo Musicale di rispettabili dimensioni.
Arrivò poi il Maestro Filippini (era di Busto Arsizio e dirigeva colà una banda musicale detta la “Baldoria”).
Filippini era un “signor Maestro” – fine conoscitore in pari misura della musica e del buon vino – capace di grandi ire quando si sbagliava qualche nota e quando gli allievi, allora numerosissimi, dovevano sostenere l’esame per l’entrata in Prima Squadra, non tenevano il tempo giusto nella prova di solfeggio.
Poi venne Marazzini di Novara che portava spesso la “Santa Cecilia” in servizio nella Sua città per concerti e partecipazione a diverse feste religiose e così la fama varcava i confini.
Poi venne il Pasqualino Cantoni, bustocco pure lui e grande amico di Filippini; Maronati di Cuggiono e poi (non vorrei scordarne qualcuno) l’attuale bravo e appassionato Franco Gianella che è così attaccato alla Sua banda che pur essendo di Buscate sembra un castanese autentico.
Seguire tutta la vita della banda Santa cecilia è un fare anche la storia di Castano perché in essa ci sono uomini e fatti nostri – gente nostra – che ha dato sempre senza alcun compenso, ma con la sola soddisfazione di essere utili, una notevole parte del tempo cosiddetto libero.
Ricordiamo tanti il compianto Mons. Cermenati, amico grandissimo che veniva sempre a trovarci durante le prove e siccome Lui piaceva la musica grave e solenne, auspicava, buon’anima, una banda composta tutta da “pellittoni” (bassi).
Dei grandi concerti che si tenevano in piazza era celebre quello dato in occasione della festa delle S.S. Reliquie nel mese di luglio.
Piazza piena di gente, di fronte al palco allestito dall’Antonio Croci (il “Tugn” Cagell) uomo umile e devoto alla Sua banda e fiero di portare il berretto con una scritta: Banda Santa Cecilia.
E la gente era usa così festeggiare il Santarliqui perché era impossibile allora (tempi beati) immaginare questa festa senza il “concertone” della banda e la degustazione di una specialità estiva che, chissà perché, si chiamava “la purcada”.
Siccome era festa grande, c’erano tante famiglie, anche i forestieri ed era l’occasione per accompagnare il moroso e la morosa alla degustazione di questa specialità di cui era maestro Pietro Jomini (infatti il mio povero suocero aveva allora un bar-caffè in piazza).
Dicavamo di questo “concertone” d’estate che era veramente una esibizione di bravura, con pezzi d’opera altamente impegnativi, con una notevole parte di “assolo” in cui eccellevano l’Angiolino e il Giuan Porta e il Vittorio Gualdoni.
Figura caratteristica era l’Ambrogio Paganini il quale ostinatamente si rifiutava sempre di suonare “Giovinezza” che era d’obbligo con la “Marcia reale” come inno nazionale.
Di questa Sua fierezza l’Ambrogio Paganini pagò poi duramente durante la Repubblichetta fascista quando finì, pesto e sanguinante in campo di deportazione (chissà se ci sarà qualche “pais” che vorrà ricordare in modo degno la storia dei nostri Deportati che ci hanno fatto strada).
La ricordiamo, la nostra Banda, quando nella gelida notte di Natale gira per le vie del paese annunciando la nascita del Bambino Gesù e, siamo sinceri, se non sentiamo la “piva”, che razza di Natale è?
La sentiamo anche nei momenti tristi, quando i suonatori, con il groppo alla gola, accompagnano i loro Amici nell’ultimo viaggio terreno, come ultimamente è capitato per il Luisin Crespi e l’Antonio Colombo.
Ora la Banda viaggia abbastanza bene: h trovato casa presso la chiesetta di S. Gerolamo e i servizi che compia sono numerosi e molto apprezzati. I grandi concerti li tiene a Villa Rusconi che sembra fatta apposta per conciliare arte, cultura e svago.
Del Maestro Franco Gianella abbiamo detto che è molto bravo e la novità viene portata anche da alcune gentili suonatrici, quindi Banca completa.
Auguri dunque perché il nuovo anno rappresenti per Te, caro Corpo Musicale Santa Cecilia, motivo di nuove affermazioni e di progresso e, perché no, anche di aiuti generosi da parte dei Tuoi ammiratori.
Auguri e grazie a tutti i Musicanti vecchi e giovani e buon anno a tutti.